La Giornata della Memoria non può e non deve essere unicamente una celebrazione:

il ricordo delle vittime della Shoah assume il suo significato più pieno solo quando diventa anche un appello, una chiamata per ciascuno alla propria responsabilità nella costruzione di un mondo diverso e migliore. All’affannoso tentativo operato dai nazisti di distruggere gli archivi e le prove del loro abominio deve corrispondere, anno dopo anno,  la ferma volontà di “conoscere e far sapere” ed è questo lo sforzo che compie ogni anno anche la nostra scuola.

Venerdì 26 gennaio gli studenti e i docenti hanno vissuto un momento molto intenso, a contatto con persone le cui famiglie sono state travolte dal vortice della discriminazione razziale e delle deportazioni. La Shoah non è lontana nel tempo e nemmeno nello spazio, è passata anche di qua. Gli ospiti dell’iniziativa di quest’anno hanno infatti potuto raccontare vicende legate alla nostra terra, storie di persecuzioni attuate nel Trentino Alto Adige. A Merano dalla fine dell’Ottocento era presente una vivace comunità ebraica che è stata annientata dal nazifascismo. Proprio la storia di questa comunità è oggetto della pubblicazione “Quando la patria uccide. Storie ritrovate di famiglie ebraiche in Alto Adige”, frutto delle ricerche di Joachim Innerhofer e di Sabine Mayr che insegna nella nostra scuola. Attraverso la ricostruzione di alcuni tragici percorsi familiari, il volume ha permesso alla prof.ssa Mayr di introdurre gli ospiti che con la loro presenza e le loro parole hanno reso davvero “potente” l’incontro che si è svolto nell’auditorium Erica Volgger.

Franca Avataneo ha raccontato la storia del nonno Aldo Castelletti, commerciante mantovano-bolzanino. Catturato a Fondo, incarcerato a Merano e deportato in Germania non è più tornato dalla moglie e dalle due figlie, una di queste diverrà madre di Franca.

Adriana Viktoria Zanellato, figlia della pianista ebrea originaria della Slesia Grete Kornblum e dell’ufficiale Dante Zanellato, ha ripercorso la vicenda che ha visto i suoi genitori stabilirsi a Soprabolzano sul Renon nel 1931 per poi morire Nel 1940 quando lei aveva solo 4 anni. Lei stessa ha scampato la deportazione grazie all’intervento di un amico di famiglia, Hans Pattis, che l’ha finta sua figlia adottiva.

Peter Langer, figlio del medico Arthur di origini ebraiche, ha narrato l’esperienza vissuta dal padre che, con l’emanazione delle leggi razziali fasciste nel 1938, ha perso l’incarico di Primario chirurgo a Vipiteno, divenendo improvvisamente “niente”.  Assieme ai suoi parenti ha poi dovuto cercare scampo in Italia e infine in Svizzera da dove è riuscito a tornare a guerra finita.

Nell’aprire l’incontro il Dirigente Alberto Delcorso aveva rimarcato il contributo che la scuola deve assumere nella formazione della coscienza non-violenta nei giovani; gli altri due ospiti presenti, il senatore Lionello Bertoldi, presidente onorario ANPI Bolzano, e il Dott. Renzo Pacher, già Pretore a Bressanone e attuale presidente dell’associazione Amici dell’Università di Padova, a partire dal “valore del ricordo” hanno espresso ai ragazzi in vario modo un unico concetto di fondo: nessuno si può sottrarre all’obbligo di opporsi con decisione a ogni prevaricazione, in qualsiasi forma essa si presenti. 

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